I canti di Natale
don Antonio Parisi
(Rivista "Vita Pastorale" - 1 novembre 2011)
L’avvicinarsi del Natale impegna gli animatori a preparare per tempo i canti adatti a questo periodo, in modo che ci aiutino a riscoprire la profondità del mistero celebrato. È sempre in agguato il rischio di banalizzare il Natale, di presentarlo come un evento folcloristico fatto di statuine e pupazzi vari, di leggere in maniera infantile la grandezza del mistero, di fermarsi all’esteriorità dell’evento e appannarlo di poesia e di sentimentalismi puerili. Il primo sentimento è la gioia che l’evento produce; molto bello un canto della liturgia bizantina: «Cristo nasce, glorificatelo; Cristo discende dal cielo, andategli incontro. […] Canta al Signore o terra tutta; celebratelo nella gioia, o popoli, perché Egli si è ricoperto di gloria».
Bisogna stare molto attenti a non trasferire la devozione popolare e tradizionale nella liturgia. Non sempre questo è necessario né utile; per esempio, mettere accanto all’altare o all’ambone un albero di Natale. Sarà più corretto riconoscere che liturgia e religiosità popolare stanno su due piani diversi e che non è bene confonderli o trapiantare l’uno nell’altro, ma ambedue possono nutrire la fede del popolo, pur nella distinzione reciproca.
Quanto detto vale anche per i presepi, i canti, le novene, i segni. Un’altra considerazione da fare subito riguarda l’uso dei canti tradizionali di Natale: come comportarsi? Le esagerazioni sono sempre da evitare, come è bene non dimenticare che celebriamo la santa messa di Natale e non un recital qualsiasi o una sacra rappresentazione.
La scelta dei canti
Il Repertorio nazionale di canti per la liturgia offre alcune possibilità che possono includere sia la tradizione e sia qualche canto nuovo. Il Tu scendi dalle stelle (RN 74) può accompagnare la processione d’inizio; è un canto simbolo che caratterizza immediatamente il contesto della festa. Un altro canto d’inizio, dal testo profondo e poetico, è Oggi si compie (RN 72); si sviluppa fra due cori, maschile e femminile, e l’assemblea acclama con il ritornello. Richiede un certo impegno, ma potrebbe sostituire benissimo il Tu scendi dalle stelle, specialmente in assemblee più preparate e abituate a cantare testi impegnativi.
Il Gloria è un inno antichissimo, inizialmente non destinato alla liturgia eucaristica. Cominciò a essere accolto nella messa precisamente a Natale, nella liturgia papale. Il versetto iniziale, che riporta il canto degli angeli a Betlemme, indica subito una connotazione natalizia immediata che non va ridimensionata. Questo significa che il canto del Gloria nel giorno di Natale deve costituire un rito, cioè un gesto sonoro significativo e partecipato.
Il salmo responsoriale è opportuno che venga cantato per intero, ritornello e strofe. È una maniera per sottolineare ancora di più la presenza della Parola che invita alla lode. Allo stesso modo è indispensabile che il vangelo del Natale venga cantato/cantillato, per dare alla Parola uno spessore sonoro, quasi un corpo, per farlo diventare un evento.
L’Ordinamento generale del messale romano invita a genuflettere mentre si pronunciano le parole «e per opera dello Spirito Santo». Il gesto della genuflessione, che accompagna la professione di fede nell’incarnazione del Figlio di Dio, è come un attimo di contemplazione e adorazione del mistero del Natale, che rischia però di esaurirsi in un movimento goffo e affrettato. Dilatare mediante il canto questa frase natalizia del Credo può contribuire a darsi del tempo per sentire la gioia e la responsabilità della fede in un Dio fatto uomo per noi.
Suggerisco perciò di estrarre dal Credo gregoriano (RN 17) la frase Et incarnatus est […], et homo factus est e inserirla nella recitazione del Credo in italiano. Come anche si potrebbero recuperare alcuni Et incarnatus di autori classici (Palestrina, Perosi e altri) per rendere significativo questo momento.
All’offertorio si potrebbero recuperare canti tradizionali, anche per coro solo; sappiamo che questo canto accompagna la presentazione e la preparazione dei doni per la celebrazione. Dal Repertorio nazionale si potrebbe scegliere il canto È nato un bimbo in Betlehem (RN 67), molto semplice, richiama i temi fondamentali del Natale.
È bene, in questo tempo solenne, cantare le acclamazioni presenti nella messa; come pure scegliere il Santo che richiama uno stile musicale inerente al Natale. Anche per il canto di comunione si possono alternare canti popolari e canti polifonici natalizi.
Indico soltanto due autori, Giovanni Pierluigi da Palestrina e Toms Luis de Victoria; il canto è O magnum mysterium a 4 voci. Il canto per sole voci assume un rilievo particolare durante la messa. Le voci scoperte aiutano a interiorizzare questo momento.
Per il canto finale, si può inserire uno dei canti tradizionali: Astro del ciel, Ninna nanna di Brahms, Adeste fideles (RN 76), A Betlemme di Giudea (RN 65), la lauda Gloria in cielo e pace (RN 69). Oppure una pastorale per organo solo.
Le pastorali natalizie
Vorrei anche dare qualche indicazione circa le pastorali natalizie per organo. La tradizione presente fino alla riforma del Concilio contemplava l’esecuzione delle pastorali a partire dalla festa di santa Cecilia. Il loro ascolto, con il tipico ritmo puntato in ottavi, caratteristico di tali composizioni, preparava l’atmosfera tipica del Natale.
È una tradizione che si potrebbe rinnovare anche ai nostri giorni, in modo da preparare l’animo al Natale; sono state pubblicate antologie di brani natalizi e singoli brani di autori antichi e contemporanei, basta far riferimento ai tanti Noël scritti appositamente per questo tempo liturgico (le edizioni Carrara di Bergamo hanno pubblicato un ricco materiale di pastorali natalizie). Naturalmente c’è sempre da stare in guardia dall’esagerazione nel proporre tali brani: potrebbero creare, al contrario, un clima sonoro tenue ed evanescente.
Questi canti che ho indicato e altri canti possono animare tutto il tempo di Natale, per poi riporli nel cassetto per il prossimo anno; in questo modo si crea un repertorio specifico per questo tempo liturgico. Sarebbe veramente inadeguato liturgicamente ascoltare, anche in questo tempo, canti comuni o privi di una pertinenza rituale ben precisa.