L’organo: strumento sacro per eccellenza?
Come avevo annunciato nel mio intervento precedente, (numero di aprile), in questo articolo voglio parlare dell’organo come strumento musicale presente nelle nostre chiese fin dal IX secolo. E vorrei citare i tre documenti fondamentali per la nostra questione, partendo dal Motu Proprio di san Pio X del 1903: “Sebbene la musica propria della Chiesa sia la musica puramente vocale, nondimeno è permessa eziandio la musica con accompagnamento d’organo. In qualche caso particolare, nei debiti termini e coi convenienti riguardi, potranno ammettersi altri strumenti, ma non mai senza licenza speciale dell’ordinario, giusta la prescrizione del Cerimoniale Episcoporum”.
Siccome il canto deve sempre primeggiare, così l’organo o gli strumenti devono semplicemente sostenerlo e non mai opprimerlo. Non è permesso di premettere al canto lunghi preludi o d’interromperlo con pezzi di intermezzo. Il suono dell’organo negli accompagnamenti del canto, nei preludi, interludi e simili, non solo deve essere condotto secondo la propria natura di tale strumento, ma deve partecipare di tutte le qualità che ha la vera musica sacra e che si sono precedentemente annoverate” (nn. 15-18).
L’Istruzione “Musicam Sacram” del 1967 riprende tale e quale il n. 120 della Sacrosanctum Concilium e così fa anche il Chirografo di Giovanni Paolo II (2003) che riprende i due documenti precedenti di san Pio X e del Concilio Vaticano II. Come si evince, praticamente i documenti successivi non fanno altro che citare il documento base del 1903. Non mi sembra utile tratteggiare una breve storia dello sviluppo dell’organo e della sua letteratura, è argomento di carattere storico e tecnico che potrebbe non interessare i lettori e comunque rimando ai vari manuali e libri che sviluppano tale argomento. Da uno studio storico dei vari interventi magisteriali si deve affermare che la lode vocale è la sola essenziale al culto cristiano. Gli strumenti sono accessori e il loro utilizzo rende il canto tecnicamente più facile e spiritualmente efficace nell’elevare l’animo dei fedeli a Dio.
Inoltre gli strumenti, e l’organo fra questi, possono sia rafforzare il significato d’insieme dei riti e sia circondarli di bellezza musicale. In pratica l’uso corretto dell’organo deve possedere queste tre qualità: primato del testo, carattere sacro dell’esecuzione strumentale e suo valore artistico.
L’organo: la manutenzione, segreto di lunga vita
Dopo questa lunga introduzione, vorrei ora dare delle indicazioni concrete riguardanti l’organo.
Nelle nostre chiese è lo strumento più presente, ma non bisogna dimenticare che è una macchina che ha bisogno di manutenzione costante e annuale. Trascurarlo significherà poi spendere una barca di soldi per il suo restauro globale, invece una manutenzione ordinaria eviterà di spendere in futuro grossi cifre. Per una manutenzione straordinaria occorre munirsi del permesso della Sovrintendenza alle Belle Arti e ottenere il permesso dell’Ufficio Beni Culturali della Curia. È bene sapere anche che dall’8 per mille della CEI è possibile ottenere il trenta per cento per avviare un’opera di restauro degli strumenti storici. È bene ricorrere a ditte qualificate e affermate sul territorio; vale sempre il detto che “chi più spende, meno spende”. Ancora un consiglio: non vi fidate del primo organaro di passaggio, ma con un organista competente individuate una ditta consona e all’altezza del lavoro da compiere. La conservazione di un organo non deve essere l’ultimo pensiero di un buon parroco e non deve essere messa sempre in coda a tutte le altre spese: i banchi nuovi, le campane, i mosaici, i quadri e le statue, e infine… mancano i soldi per l’organo.
Costruire un organo nuovo
Seguite questo mio ragionamento semplice. La storia dell’organaria ci ha consegnato degli organi piccoli (chiamati positivi) che venivano utilizzati per un uso esclusivamente liturgico. Organi composti da 7 o 8 registri reali, ad una sola tastiera, che erano in grado di sostenere il canto di una intera assemblea, suono che si diffondeva in una maniera ottimale dalla cantoria posta all’ingresso della chiesa. Allora perché non ripristinare tali strumenti piuttosto che comprare un novo organo elettronico? Certo per chi ha soldi si può anche pensare ad un organo a canne che svolga anche una funzione concertistica al di fuori del culto: beato chi può permetterselo! Ma, dovete considerare che in un anno gli eventuali concerti d’organo sono a male pena una decina, con la conseguenza di utilizzarli in modo parziale. Sto invitando le ditte organarie, specie quelle artigianali, a costruire organi positivi moderni dal costo contenuto e accessibile anche a piccole comunità parrocchiali.
L’organo elettronico
È uno strumento che vuol imitare l’organo a canne ed è presente nelle nostre chiese per il suo costo contenuto rispetto ad un organo a canne. Pur apprezzando i progressi della tecnologia, alla fine risulta inadeguato per mancanza di profondità del suono specialmente nei registri di fondo. Per avere un risultato adeguato bisognerebbe avere casse di amplificazione sufficienti, disporle in modo corretto all’interno dell’aula liturgica, avere un campionamento dei suoni singoli, ed altri particolari tecnici che farebbero lievitare enormemente i costi tali da non renderlo più accessibile. Tenete conto che gli organi a canne sono arrivati fino ai nostri giorni fin dal 1600, invece gli organi elettronici sono costruiti con una filosofia commerciale simile agli apparecchi elettronici di oggi: hanno una vita breve e poi vanno sostituiti, perché così richiedere l’economia di mercato. Dopo circa10 anni c’è una nuova produzione e quindi non si trovano più i pezzi di ricambio, pertanto bisogna cambiare totalmente lo strumento.
Ma, nonostante questi ostacoli, per tante comunità rimane la spesa più accessibile; perciò non servono a niente i discorsi di carattere storico, estetico, fonico, liturgico e quant’altro. Fin tanto che non avremo organi a canne positivi, ad un prezzo adeguato alle possibilità delle nostre parrocchie attuali, i sacerdoti continueranno a comprare organi elettronici.
Concludo con un invito ai parroci: la manutenzione dell’organo a canne non è un pallino dell’organista, ma una necessità per la salvaguardia dello strumento stesso.
Don